Tra degustazioni, convegni, occasioni di incontro e conferenze, lo scorso 17 aprile si è chiusa la 56esima edizione del Vinitaly, il Salone internazionale del vino e dei distillati che si è svolto a VeronaFiere.

 

97mila presenze, in leggero incremento gli operatori esteri da 140 Paesi a quota 30.070 (31% sul totale), di cui 1.200 top buyer (+20% sul 2023) da sessantacinque Nazioni, selezionati, invitati e ospitati da VeronaFiere in collaborazione con Ice Agenzia.

 

Gli Stati Uniti si confermano in pole position con un contingente di 3.700 operatori presenti in fiera (+8% sul 2023); seguono Germania, Regno Unito, Cina e Canada (+6%); in aumento anche i buyer giapponesi (+15%).

 

Bilancio positivo anche per Vinitaly Plus, la piattaforma di matching tra domanda e offerta con 20mila appuntamenti business, raddoppiati in questa edizione, e per il fuori salone Vinitaly and the City, che ha superato le 50mila degustazioni (+11%).

 

Se il buongiorno si vede dal mattino…

Numeri che già si percepivano all'inaugurazione del Salone, avvenuta alla presenza delle principali cariche istituzionali, tutte concordi nel ribadire l'importanza di questo settore.

 

Presente, tra gli altri, il presidente della Camera dei Deputati, Lorenzo Fontana, che ha ricordato come "quello del vino è un comparto identitario incredibile"; mentre Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, ha ricordato "la grande straordinarietà di questa manifestazione, che non è un padiglione espositivo, che potrebbe trovarsi ovunque nel mondo, è un assaggio di territorio, dove i buyer possono assaporarne la cultura".

 

Gli impegni del Governo nei confronti del comparto (e non solo) sono stati invece illustrati da Antonio Tajani, ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. "Tutti i nostri imprenditori del settore del vino devono sapere che non sono soli. C'è un Governo - ha affermato - che li sostiene e lavora per abbattere le barriere doganali e la concorrenza sleale".

 

Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, orgoglioso che questa manifestazione si svolga in Veneto, ha invece dato un po' di numeri proprio sul settore a livello regionale. "Il Veneto è la prima regione per produzione ed esportiamo circa il 36% del prodotto nazionale. Il primato produttivo va affiancato a quello turistico: 72 milioni di presenze che valgono circa 18 miliardi di euro. Questo è un grande valore ma anche un merito dei viticoltori che coltivano in Veneto circa 100mila ettari", ha sostenuto.

 

Quel profondo legame tra arte e vino

Presenti all'inaugurazione anche il ministro dell'Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste (Masaf), Francesco Lollobrigida, e Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura, per ribadire il legame tra l'arte e il vino.

 

Oltre allo spazio del Masaf, infatti, i visitatori hanno potuto vivere un'esperienza immersiva tra installazioni multimediali, scritti antichi e opere d'arte. Una vera e propria mostra accompagnata da un'arena immersiva "Divina": un viaggio affascinante tra immagini al microscopio e visualizzazioni creative per una videoesperienza sul territorio e sul vino dell'Italia.

 

97mila presenze, in leggero incremento gli operatori esteri da 140 Paesi a quota 30.070 (31% sul totale), di cui 1.200 top buyer (+20% sul 2023) da sessantacinque Nazioni

97mila presenze, in leggero incremento gli operatori esteri da 140 Paesi a quota 30.070 (31% sul totale), di cui 1.200 top buyer (+20% sul 2023) da sessantacinque Nazioni

(Fonte foto: Veronafiere-EnneviFoto)

 

Vino e giovani

Nel corso del Salone sono stati dati anche un po' di numeri, che confermano il ruolo di centralità del comparto, in particolar modo dal punto di vista dei più giovani. Il settore è infatti il più gettonato dalle imprese under trentacinque: sono oltre 5.500 i giovani agricoltori e le giovani agricoltrici che producono vino. In pratica, un'azienda su dieci tra quelle condotte da ragazzi e ragazze possiede una vigna.

 

Questo il quadro emerso dall'analisi Coldiretti su dati del Centro Studi Divulga. Un'analisi dove è emerso anche che il tratto distintivo dei viticoltori under trentacinque è l'attenzione alla sostenibilità ambientale, una maggiore specializzazione nelle tecniche di marketing e un uso costante dei social per la promozione del proprio prodotto, attraverso uno storytelling che parte dal territorio e dalle sue caratteristiche.

 

Non a caso i giovani vantano una maggiore propensione all'export, con quasi un terzo delle aziende che vende all'estero, contro un quinto della media generale, secondo il Centro Studi Divulga.

Ma i produttori di vino under trentacinque rappresentano anche una delle fasce più impegnate nell'innovazione.

 

La regione con il maggior numero di produttori di vino under trentacinque è la Puglia con oltre un sesto del totale, che precede Veneto e Sicilia. E in generale le aziende agricole dei giovani possiedono una superficie superiore di oltre il 54% alla media, un fatturato più elevato del 75% della media e il 50% di occupati per azienda in più, secondo l'analisi Coldiretti.

 

Vino: numeri ed export

Secondo i dati elaborati dall'Osservatorio Federvini, in collaborazione con Nomisma e TradeLab, il comparto del vino è strategico per l'economia nazionale: 74mila lavoratori, 16 miliardi di euro di fatturato (il 9% del Food&Beverage italiano) e 8 miliardi di euro di esportazioni (il 16% del nostro Food&Beverage). Un settore cardine che nel 2023 ha visto nell'Europa il suo mercato principale con un peso pari al 41% dell'export complessivo, seguita dal Nord America (28%), Europa extra Ue (21%) e Cina, Giappone e Sud Est asiatico (6%).

 

Il vino italiano genera un valore aggiunto pari a 14,8 miliardi di euro, attivando diverse filiere con un effetto moltiplicatore di 4,1 per il Paese: per ogni euro di valore realizzato dalle imprese vitivinicole si ricavano 4 euro a vantaggio dell'economia nazionale.

 

"Il comparto del vino italiano si conferma resiliente, mostrando una tenuta sul fronte dell'export nonostante le diverse criticità che hanno segnato lo scenario internazionale" afferma la presidente di Federvini Micaela Pallini. "L'Italia ha retto il colpo rispetto agli altri Paesi grandi esportatori, Francia in primis. Bisogna però lavorare più attivamente sulla domanda ed in particolare sulla promozione: si rende necessario emanare quanto prima il decreto sulla promozione Ocm vino nei Paesi terzi introducendo quei miglioramenti tanto attesi dal sistema delle imprese affinché la misura possa dispiegare al meglio i suoi effetti".

 

Il vino italiano si è confermato leader per il trend nell'export. Nel 2023 i principali mercati mondiali hanno sensibilmente ridotto le loro importazioni rispetto al 2022. In questo quadro le esportazioni dell'Italia (-0,8% in valore e in volume) hanno tenuto molto meglio di Francia (-2,8% a valori e -9% a volumi), Spagna (-3,2% a valori e 4,1% a volumi) e Cile (-22,4% a valori e -18% a volumi). La filiera vitivinicola italiana si distingue anche per la connessione con il tessuto territoriale di riferimento. L'82% delle aziende per le materie prime agricole e alimentari si approvvigiona da fornitori a livello regionale.

 

Alle politiche di prossimità si aggiunge l'attenzione alla sostenibilità, ambientale e sociale: l'80% delle imprese vinicole ha adottato azioni per ridurre il proprio impatto ambientale; il 76% ha condotto iniziative finalizzate al benessere dei dipendenti e il 74% ha implementato iniziative a favore delle comunità.

 

Vigneti, è bio il 22% delle superfici vitate

I vigneti italiani sono sempre più verdi: oggi vengono coltivati a biologico oltre 133mila ettari, vale a dire il 22% delle superfici vitate nazionali. Numeri importanti che, da un lato, potrebbero crescere di più rimuovendo gli ostacoli soprattutto burocratici per le imprese agricole e, dall'altro, restano ancora poco visibili sul fronte dei consumi, con cittadini non così informati e coinvolti.

 

Sulla base di tutto questo Cia - Agricoltori Italiani, insieme alla sua associazione di riferimento Anabio, ha scelto di portare al Vinitaly 2024 l'Enoteca Bio, una mostra permanente dei vini delle aziende biologiche associate, organizzando al contempo un ciclo di incontri sul tema.

 

D'altra parte però, nonostante l'incremento delle superfici bio a vite (+160% dal 2010), con Sicilia e Toscana regine sul podio green, rimane tuttora limitata la produzione (3 milioni di ettolitri il volume di vino biologico, pari al 6% del totale nazionale) e ancora più esiguo il consumo, pari all'1-2% delle vendite complessive.

 

Constatazione che ha portato Anabio e Cia - Agricoltori Italiani a suggerire qualche azione per superare le difficoltà attuali e per rilanciare lo sviluppo del settore, come: snellimento delle procedure di certificazione di processo e di prodotto; sburocratizzazione per favorire la conversione al bio delle aziende; attivazione di campagne informative e di comunicazione mirate a incentivare i consumi dei prodotti bio e a stimolare la domanda dei consumatori; prevedere anche sgravi fiscali ai protagonisti del settore e maggiori sostegni a ricerca, innovazione e formazione; assicurare infine l'uniformità delle regole all'interno dell'Ue riguardo la produzione e la commercializzazione del bio.

 

Vitivinicolo, focus sulla gestione del rischio

Spazio è stato dato anche dalla gestione del rischio nella filiera dell'uva da vino grazie ad un convegno di Ismea. Delle oltre 241mila imprese vitivinicole italiane, quasi 27mila (l'11%) sono assicurate contro i rischi meteoclimatici, realtà che in termini di superfici rappresentano però un più significativo 30% degli ettari complessivamente vitati (673mila circa).

 

Un comparto che concentra oltre un terzo del mercato assicurativo agricolo agevolato specifico delle coltivazioni vegetali, con polizze che cumulano un valore di circa 2,3 miliardi di euro, pari ad oltre il 50% della Produzione Lorda Vendibile (Plv) del settore.

 

Numeri che confermano l'importanza del comparto vitivinicolo in termini di adesione agli strumenti di risk management e che allo stesso tempo evidenziano la necessità di salvaguardare patrimonio e capitale circolante di un asset di assoluto rilievo per l'agroalimentare italiano.

 

Dal punto di vista territoriale, nel 2023 l'aumento del 2% del numero delle aziende vitivinicole assicurate nelle regioni settentrionali non ha compensato il calo registrato nel resto d'Italia, rispettivamente del 9% nel Centro e del 18% nel Mezzogiorno, con il dato nazionale che ha fatto segnare pertanto una contrazione del 4,9% sul 2022. II Nord copre poco meno dell'80% dei valori assicurati in Italia, con il ruolo-pivot del Veneto (40,4%), prima regione vitivinicola a livello nazionale, seguito dal Friuli Venezia Giulia (11,5%); nelle regioni centrali, con circa il 10% di quota, è la Toscana a fare la parte del leone (7,8%), mentre al Sud, isole comprese (10,7%), il primato va alla Puglia, con il 6,7% dei valori complessivamente assicurati.

 

Nell'ambito del convegno è stato più volte sottolineato il circolo virtuoso che si innesca con una corretta strategia della prevenzione e gestione del rischio, di supporto anche all'accesso al credito, con la naturale propensione delle banche a valorizzare, nelle metriche valutative dei clienti da finanziare, le aziende che mettono in campo investimenti in tal senso.

 

"Dobbiamo favorire con le risorse della Pac una più stretta sinergia fra coperture assicurative e mutualistiche e strumenti di difesa attiva, come reti antigrandine, droni e sensori, che limitano anche i costi per la sottoscrizione delle polizze",  ha dichiarato il presidente di Ismea Livio Proietti.

 

Gli italiani e il vino: gusti, preferenze e consumi

Una fotografia sull'evoluzione nel tempo del rapporto degli italiani con il vino è stata data da uno studio dell'Osservatorio del mondo agricolo Enpaia-Censis.

 

Per i giovani il vino è veicolo di relazionalità e convivialità: il 67,7% ama consumarlo in compagnia di altre persone, il 45,3% nei luoghi del fuori casa e il 34,4% durante i pasti; per gli adulti è sia veicolo di relazionalità che presenza nel quotidiano dei pasti, poiché il 55,3% ama berlo in compagnia e il 55% durante i pasti, mentre al 34,5% piace berlo nei luoghi del fuori casa; infine, il 79,1% degli anziani lo consuma durante i pasti, il 36% in compagnia di altre persone e il 14,2% nei luoghi del fuori casa.

 

Il 96,5% degli italiani preferisce il vino italiano, quota che resta alta trasversalmente alle generazioni, e l'83,1% dei consumatori predilige vini Dop e Igp.

 

Inoltre, l'87,9% degli italiani apprezza molto le variazioni territoriali dei vini italiani, in particolare l'80% dei giovani, l'89,9% degli adulti e l'89,5% degli anziani. L'82,6% degli italiani pensa che il cambiamento climatico modificherà anche i tipi di vino disponibili, in particolare lo pensa l'83,2% dei giovani, l'82,1% degli adulti, l'83,1% degli anziani. Ma è alta la fiducia degli italiani nella capacità delle imprese del settore di affrontare la sfida del cambiamento climatico e quella della sostenibilità. Infatti, è l'84,4% degli italiani ad affermare che il vino italiano rappresenta la sostenibilità, tra cui il 79,4% dei giovani, l'85,3% degli adulti e l'86,5% degli anziani.

 

E i vini dealcolati?

Non se ne poteva non parlare: anche i vini dealcolati sono stati tra i protagonisti della 56esima edizione del Vinitaly.

 

"In Italia il 36% dei consumatori è interessato a consumare bevande dealcolate; negli Stati Uniti, incubatore di tendenze specie tra i giovani, il mercato Nolo (No e Low Alcohol) vale già 1 miliardo di dollari. Ma l'Italia in questo caso gioca un ruolo residuale, perché - contrariamente a quanto già succede da due anni tra i colleghi nell'Ue - non è ancora possibile per le imprese elaborare il prodotto negli stabilimenti vitivinicoli e non sono state fornite indicazioni agli operatori sul regime fiscale. In estrema sintesi, il prodotto può circolare anche in Italia (come in tutta l'Ue), ma i produttori italiani non possono produrlo".

 

Con queste parole il segretario generale di Unione Italiana Vini (Uiv), Paolo Castelletti, ha ben sintetizzato la situazione attuale aprendo i lavori di una tavola rotonda organizzata insieme a Vinitaly.

Leggi anche Vino dealcolato, occasione da cogliere?

L'enoturismo piace

Ma bere, assaggiare, degustare il vino, oggi è una vera e propria esperienza che giorno dopo giorno si intreccia con il turismo, tanto che sempre più si parla di enoturismo. E proprio al Vinitaly 2024 è stata presentata la prima indagine sull'enoturismo, frutto del protocollo d'intesa tra Ismea e Aite, l'Associazione Italiana Turismo Enogastronomico.

 

Un'esperienza, appunto, quella del turismo del vino che coinvolge 13,4 milioni di enoturisti italiani, il 64,5% dei viaggiatori, rappresentando un'attrazione anche per gli stranieri, americani ed europei in particolare. L'indagine illustrata ha evidenziato che il livello di soddisfazione degli enoturisti italiani è molto alto: tre enoturisti su quattro si dichiarano soddisfatti soprattutto per la qualità del servizio in occasione delle visite in cantina e delle altre iniziative, per i rapporti con la comunità locale e per le modalità di prenotazione delle esperienze proposte. Più tiepido il giudizio dei giovani: nel cluster degli under ventiquattro sono stati indicati margini di miglioramento soprattutto in merito alla qualità del servizio, alla facilità di prenotazione e al reperimento di informazioni.

 

Per Livio Proietti, presidente di Ismea, "l'obiettivo dell'intesa è mettere sotto la lente di ingrandimento le principali variabili qualitative e quantitative dell'enoturismo italiano, un segmento rilevante del sistema vitivinicolo nazionale che lega prodotti e territori, contribuendo anche al successo del made in Italy".

 

"Il comparto enoturistico - gli ha fatto eco Roberta Garibaldi, presidente di Aite - rappresenta ormai un fenomeno rilevante in termini economici e in ulteriore crescita per i ricavi delle aziende italiane del vino".

 

D'altro canto, se ci sono le cantine la vacanza si allunga. I dati evidenziano infatti che la maggior parte dei turisti (circa il 50% tra quelli generici, quasi il 55% tra quelli legati al mondo del vino) si trattengono nei luoghi di vacanza per due, tre giorni, andando oltre il "mordi e fuggi": il 31% indica una durata di quattro giorni o più, valore che sale per gli enoturisti al 38%. Tra i wine lover, la metà ha visitato una o due cantine, il 36% almeno tre strutture, ma si osservano valori anche più alti nella classe tra venticinque e trentaquattro anni di età.

 

Chiusa con successo l'edizione 2024, l'appuntamento ora è al 2025

Tirando le somme, dunque, tutti soddisfatti di questa 56esima edizione, che ha confermato il prestigio, la strategicità e l'importanza del settore vitivinicolo italiano a livello internazionale.

 

"Siamo di fronte a un chiaro segnale del continuo interesse per i nostri vini nel mondo, simbolo di qualità, storia, natura, cultura e tradizioni di cui l'Italia è orgogliosa", ha affermato il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida.

 

Per il presidente di VeronaFiere, Federico Bricolo, il "Vinitaly consolida il proprio posizionamento business e un ruolo sempre più centrale nella promozione internazionale del vino italiano".

"In questi giorni abbiamo registrato reazioni positive da parte delle aziende, dei consorzi e delle collettive regionali. Una iniezione di fiducia in un momento complesso che ci vede impegnati a supportare il principale prodotto ambasciatore e apripista dell'agroalimentare del Belpaese nel mondo", sono state le parole di Maurizio Danese, amministratore delegato di VeronaFiere.

 

Ora l'appuntamento è per la 57esima edizione, dal 6 al 9 aprile 2025, sempre a VeronaFiere.

 

Ma prima, spazio agli appuntamenti del calendario estero: Wine to Asia (Shenzhen 9-11 maggio 2024); Vinitaly China Roadshow, Shanghai, Xian, Guangzhou (2-6 settembre 2024); Wine South America a Bento Gonçalves (RS) Brasile (3-5 settembre 2024); Vinitaly Usa (Chicago 20-21 ottobre 2024) e Vinitaly @ Wine Vision (Belgrado 22-24 novembre 2024).

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